Adolescenza
Virale è uno dei tanti termini ormai entrati prepotentemente nel nostro lessico quotidiano, sempre più povero di sinonimi.
Qualunque cosa “diventa virale” spopola e si impone all'attenzione.
L'impatto di ciò che è virale si impone anche alle nostre scelte, a cominciare - per esempio - dalle serie tv da guardare.
L'ultimo caso è la miniserie Adolescent, osannata da recensioni estatiche. Me ne hanno parlato amici appassionati di serie televisive, i pazienti in terapia, i genitori dei compagni di mio figlio.
Il tema affrontato nella serie mi ha colpito e ancora di più in quanto madre di un ragazzino e professionista.
La narrazione offre davvero molteplici spunti di riflessione, che dovrebbero portare ad interrogativi molto profondi.
Mi domando se quello che nasce come fenomeno mediatico di denuncia di un bisogno di una maggiore attenzione a uno dei passaggi di crescita più delicati dello sviluppo della personalità non segue la stessa modalità di restare in superficie.
La sensazione che accompagna gli episodi è l'angoscia di come un'apparente normalità, può essere stravolta. Tale angoscia diventa pervasiva e inizia a scorrere dentro facendo accrescere i livelli di ansia.
L'interrogativo che personalmente mi ha suscitato e che sempre più spesso mi suscita l'osservare il mondo e la società che viviamo è: che fine hanno fatto gli adulti? Quali sono i modelli da seguire?
La vita scorre sui social, tutto è effimero, in un'apparente vicinanza e immediatezza di contatto si sta strutturando una falda di solitudine e indifferenza alla quale sembra che siamo anestetizzati.
Oggi per i ragazzi è davvero difficile crescere navigano alla cieca, con la testa china sugli schermi sui quali è possibile scrivere di tutto perché senza l'incontro dello sguardo diventa facile dire anche l'indicibile.
Bisogna allenare lo sguardo al dettaglio, alle sfumature per educare il sentire.
Mancano in questa serie dei dettagli, dei passaggi, dei vuoti che vanno colmati, personaggi fantasma che dovrebbero entrare in scena e farsi carico di responsabilità che vengono altrimenti riversate sull'adolescenza e su quelle dinamiche che da sempre l'hanno caratterizzato.
Da professionista mi porto le lacrime della psicologa alla fine del colloquio peritale, quelle lacrime che sciolgono la valanga emozionale che scorre nel corso di un colloquio nel quale si deve mantenere l'attenzione a cogliere gli elementi per esprimere una valutazione.
Da professionisti ci esponiamo costantemente a radiazioni emotive con la nostra umanità.È vero che l'intervento di supporto deve diventare strutturale e capillare e altrettanto vero che come nella favola africana dell'incendio e del colibrì ognuno deve tornare a fare la propria parte affinché le cose possano davvero trovare un viraggio diverso.
Dott.ssa Schilirò Barbara Maria Rita